Barbara Furlan Sempre Più Qualificata

La nostra insegnante di Pilates (e dire solo pilates è limitativo) Barbara Furlan è in costante aggiornamento per proporre al meglio la sua attività ai nostri soci.
Vi riportiamo un piccolo testo scritto direttamente dal suo pugno, buona lettura.

“Molti pensano che il pilates sia la manna che va a risolvere i problemi, i medici stessi talvolta consigliano di fare pilates però con le dovute raccomandazioni: “attenzione a non fare questo, non fare quest’altro, non fare torsioni, ecc…”. In verità il pilates nasce per persone sane o persone che hanno leggere problematiche come disfunzioni legate alla postura, piccole ernie che ogni tanto si fanno sentire, mal di schiena e dolori al tratto lombare e cervicale dovuti a uso errato del corpo durante il giorno. Ma chi ha difficoltà, ad esempio, a respirare profondamente in maniera corretta, a stare seduto per terra nelle varie posizioni e a fare torsioni, non può fare pilates perché il pilates è un allenamento molto intenso volto soprattutto a stabilizzare il bacino per ripristinare la mobilità articolare, specie quella del tronco. Sono coinvolte tutte le catene cinetiche e si allenano tutti i muscoli dall’origine all’inserzione. Ciò significa eseguire durante ogni seduta molti esercizi in torsione lavorando sul cosiddetto “core” o baricentro, inteso come il corsetto muscolare del corpo ossia il punto dal quale ha origine il movimento. Ecco perché c’è anche una certa differenza tra il metodo pilates che modella il corpo a scapito di un rafforzamento muscolare e la ginnastica posturale. Il pilates allena i muscoli profondi mentre la ginnastica posturale spesso solo i muscoli superficiali (persone con problemi avrebbero infatti difficoltà ad allenare la muscolatura profonda). Nel pilates è molto importante la respirazione e il controllo, nel posturale la respirazione serve a rilassare. Le persone che si apprestano a svolgere qualsiasi attività sia per volontà propria che su consiglio altrui, dovrebbero essere informate di questo. Sottolineo pertanto la mia scelta, come insegnante, di un pilates più moderno che si evolve continuamente (evolution), e nel quale pur mantenendo tutti i principi del pilates classico, vengono proposti schemi di lavoro sempre più idonei a combattere “le malattie da cattività generate dalla cultura moderna”. Oggi bisogna lavorare su schemi di esercizi che preparino il corpo affinché esso stesso diventi o meglio ridiventi funzionale. In sostanza vanno ripristinate alcune caratteristiche che con il tempo perdiamo come ad esempio l’uso degli alluci e parte della mobilità del piede (specialmente per via delle scarpe), l’equilibrio, il controllo del corpo, l’uso corretto delle mani, la capacità appunto di eseguire torsioni sul piano trasversale. Durante l’aggiornamento quindi si migliora quello che già si fa, si adattano e si trasformano le proprie conoscenze in maniera tale da “rinfrescare” le lezioni con nuovi spunti per adeguarle alle svariate tipologie di persone trasmettendo un senso di benessere. Inoltre l’uso degli attrezzi amplifica i benefici di questa disciplina rendendo altresì le lezioni varie e stimolanti. In questo modo si ha la possibilità sia di reimpostare l’integrità del sistema miofasciale dando mobilità e flessibilità, sia di aumentare con il sovraccarico di un attrezzo la forza. Durante quest’ultimo aggiornamento sono stati inseriti format di lezione finalizzati a prevenire e curare i dolori e le tensioni legate al rachide lombare che sono quelli più comuni anche in soggetti sani. Si fa un pilates per la schiena con esercizi al servizio della postura che prima tolgono tensioni e poi ridonano forza, mobilità e stabilità. Infine un pilates con un occhio di riguardo ai piani anatomici dove cambia il punto di vista e la percezione che abbiamo di noi stessi. Infatti solitamente durante la giornata eseguiamo più o meno facilmente flessioni del busto sul piano sagittale, più raramente ci incliniamo su quello frontale e quasi mai eseguiamo torsioni sul piano trasversale. Quindi lavoriamo in maniera bidimensionale pur essendo individui tridimensionali. Questa consapevolezza ci fa percepire come il nostro corpo si muove o non si muove e come piuttosto dovrebbe muoversi nello spazio. Ci rendiamo conto di quali sono i nostri limiti e di cosa dobbiamo fare per superarli. Il punto di vista cambia, cambia il nostro approccio nell’ambiente circostante, cambia il modo in cui sentiamo e viviamo il nostro corpo. Ripristinare ciò che é perduto, questo è quello che si fa, un percorso di crescita esteriore ed interiore, ogni anno con qualcosa in più.”

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